23 Set 2013
L’acquisto di prodotti e servizi tramite i più diffusi e riconoscibili siti presenti in italia (GroupOn, GroupAlia, LetsBonus ecc) è pratica sempre più diffusa. La percezione che si possano ottenere dei grandissimi risparmi è fortemente radicata nell’immaginazione dell’utente, ma pochi si chiedono davvero se le loro aspettative siano effettivamente rispettate e, soprattutto, se lo sconto ci sia effettivamente come annunciato.
Quando i primi siti per “gruppi di acquisto” si sono presentati sulla rete il modello era totalmente diverso: si costruivano prima dei gruppi di persone interessate ad un determinato servizio/prodotto e, al raggiungimento del numero minimo richiesto, l’aggregatore (il sito) acquistava il lotto dal venditore per poi ridistribuirlo ai propri partecipanti. In questo modo, acquistando per lotti consistenti, l’aggregatore riusciva a spuntare prezzi interessanti o vantaggiosi per il medesimo prodotto che, altrimenti acquistato al dettaglio, sarebbe costato (singolarmente) molto di più. Un po’ come diventare acquirenti all’ingrosso.
La fama raggiunta, in poco tempo, da questi siti di aggregazione della domanda, ha fatto rapidamente cambiare il modello, a vantaggio del sito stesso: sono ora i venditori di prodotti che puntano ad inserire le loro offerte a sconti, annunciati come particolari, in numero limitato e senza garanzia alcuna che si possa raggiungere il numero minimo di vendite per renderle economiche. Il consumatore quindi passa da soggetto “attivo”, in quanto si aggregava in gran numero per poter accedere allo sconto da “grossista”, a soggetto “passivo” ovvero deve prendere il prezzo offerto senza possibilità ulteriore di contrattazione. Questa modifica nel comportamento non è di secondaria importanza: specialmente nel mondo dei servizi (ristorativi, ricreativi, professionali ecc.) la qualità delle offerte promosse è spesso molto diversa dallo standard che ci si attenderebbe normalmente dall’esercente.
Mi spiego: se un ristorante offre una cena con sconto del 30% mi aspetto di trovare il classico menu di quel ristorante scontato del 30% e non un “menu particolare per i coupon” a basso costo. Spesso mi è capitato invece di trovare non solo un tavolo “dedicato” ai poveretti che acquistano il coupon (magari vicino al cesso), ma anche il menu “limitato” con una (dico una) fetta di prosciutto come antipasto e modeste porzioni che non basterebbero nemmeno come aperitivo. Il tutto condito da un servizio con il quale ti fanno sentire chiaramente di essere un barbone. Per non contare il fatto che spessissimo i giorni per poter fruire del vostro buono sono limitati (a volte solo uno a settimana). E la ristorazione è solo un esempio.
Per i servizi ricreativi è la stessa cosa: nulla di lontanamente paragonabile al servizio a “prezzo pieno” quanto, piuttosto, un servizio in “economia” sul quale il venditore ha comunque un margine di guadagno soddisfacente.
E allora ? Dove sta lo sconto ? Dove sta la parte che l’esercente mette per promuovere la propria attività ? Nella realtà non c’è quasi mai. Gli sconti che vedete pubblicati sulle pagine dei portali che vendono coupon sono totalmente inventati e non verificabili.
Alcuni consigli dunque per verificare se l’acquisto di coupon che state facendo conviene davvero:
In conclusione vorrei solo suggerirvi di non prendere le offerte che ricevete, magari con insistenza via email, come oro colato: la fregatura è sempre dietro l’angolo.