Non lo nego. Anche io ho un account su Facebook e, devo ammetterlo, mi ha permesso di riprendere contatti con tante persone che avevo perso di vista o di cui, tra i tanti cambi di cellulare, avevo perso il numero o l’email. Non c’è che dire: lo strumento in se è stato una bella intuizione e non stupisce il fatto che il numero di utenti sia in costante aumento.
Quello che invece mi stupisce, per lo meno osservando i comportamenti espressi dagli account della mia cerchia di “amici”, è come, con estrema leggerezza, vengano fornite volontariamente – e quindi pubblicate – ogni tipo di informazioni, anche le più personali, senza che ci si pongano delle elementari domande:
Insomma, in un mondo in cui il rispetto della privacy viene eletta a bandiera dei diritti inalienabili della persona (vedi caso recente degli utenti che hanno denunciato Google perchè sono stati ripresi nelle foto delle strade abbinate a Google Maps – oppure ancora le recenti invettive contro i sistemi di video sorveglianza e controllo), capirete come un atteggiamento tanto “leggero” abbia del paradossale.
Passo sopra al modo in cui molti utenti percepiscono la “Facebook life” quale assurdo surrogato della vita reale: quello su cui voglio concentrarmi sono alcuni aspetti che, senza entrare in forme di paranoia, quantomeno dovrebbero far pensare.
Punto 1 – A chi forniamo i nostri dati ?
“Ai nostri amici” è la risposta più frequente che sentirete dire. Sbagliato, sbagliatissimo. Tutte le informazioni che inserite utilizzando l’applicazione Facebook vengono concesse in uso al proprietario dell’applicazione Facebook (che per la cronaca è un ragazzo 23enne di nome Mark Zuckerberg) con uffici nello stato di California (USA) e senza stabile organizzazione in Italia. Ovviamente Facebook pubblica queste informazioni nel vostro profilo in modo che i vostri amici possano vederle. Ma quello che è importante è che state fornendo dati ad un soggetto privato, extra UE, che come tale non è tenuto al rispetto delle leggi comunitarie in materia di privacy. E già questo dovrebbe far pensare. Ma non li fornite solo a lui. Ogni volta che accettate di accedere ad una applicazione (tra le mille e mille che affollano Facebook) esprimete un chiaro consenso a che l’applicazione (e quindi i suoi sviluppatori) possa accedere all’intero vostro profilo ed a tutto ciò che vi è contenuto. State quindi fornendo informazioni a soggetti difficilissimi da individuare senza sapere esattamente cosa faranno dei dati che verranno “grabbati” dal vostro profilo.
Punto 2 – Ma posso cancellare ogni mia traccia da Facebook ?
Molti credono che basta cancellare il proprio account da Facebook per passare un panno di spugna su un pezzo di vita digitale. In realtà non è così. La cancellazione non è facile e, in via predefinita, non è prevista dall’applicazione Facebook. Il massimo che potete fare utilizzando l’applicazione stessa è di “sospendere” il vostro account in una specie di limbo elettronico (i vostri contatti scopriranno che non siete più raggiungibili) ma tutto quello che avete dato in pasto a Facebook fino a quel momento resta. E resta su supporti elettronici che, per loro natura sono facilmente duplicabili, necessariamente backuppati e, naturalmente vulnerabili ad abusi di ogni tipo. Le ragioni di questo comportamento trovano giustificazione ufficiale da parte dei responsabili di Facebook nel fatto che viene lasciata la possibilità di “ripensamento” e quindi di riattivare il proprio account ritrovandolo nello stesso stato in cui era stato abbandonato. Condivisibile, anche se fiacca come motivazione. Il paradosso è che, anche se vi siete sospesi da Facebook, qualora la loro rete dovesse subire un attacco e venissero prelevati abusivamente dei dati, vi sarebbero anche i vostri esattamente come quelli degli altri utenti attivi.
Cancellare la propria storia virtuale da Facebook non è facile e non è immediato e, soprattutto, prevede l’utilizzo di canali di comunicazione totalmente diversi da quelli forniti dall’applicazione stessa: in pratica dovete scrivere ai loro uffici, sperare che vi rispondano, chiedere la cancellazione di tutto quanto vi riguarda e sperare, ancora una volta, che ottemperino. Devo subito avvertirvi che dalle esperienze riportatemi da colleghi, non è affatto facile che vi diano retta, e tutto quello che riceverete in risposta è la assicurazione che i vostri dati verranno trattati con il massimo rispetto e non saranno “concessi” a nessuno. Già, penso io, e se ve li fregano ? Insomma, faranno di tutto per resistere alla vostra insistenza fino a quando non minaccerete di adire le vie legali: in quel caso un debole lume di speranza schiarirà il vostro cammino. Ma preparatevi a spendere qualche soldino per far intervenire un vero legale che sappia maneggiare il diritto statunitense e mastichi più che bene l’inglese.
Punti 3 – Ma chi usa i miei dati ? E perchè li usa ?
Nonostante Facebook non abbia ancora oggi un modello di business completamente definito e dichiarato, la punta dell’iceberg è evidentemente fornito dall’advertising (leggasi pubblicità) in linea con le informazioni pubblicate nel profilo. In altre parole: l’applicazione legge le vostre pagine e quelle degli amici che frequentate più spesso e impara a capire cosa vi interessa di più per spararvi la pubblicità più appropriata per il vostro profilo. State pianificando le vacanze ? Ecco che appaiono pubblicità di crocere o stupendi villaggi turistici. Vi scambiate informazioni sulle ricette della nonna ? Ecco apparire la pubblicità di siti o pubblicazioni specializzati in culinaria. Facile no ? Del resto a questo modello ci ha già abituato Google che con il suo advertising mirato ha aperto la strada. L’assuefazione fa in modo che molta pubblicità passi inosservata e i più smaliziati utilizzano vari add-on del proprio browser per difendersi.
Ma questa, come detto, è solo la punta dell’iceberg. Ovvero la parte visibile alla luce del sole. Ed a quello che ci sta sotto non ci pensate ? Così come i sistemi di selezione della pubblicità ci “profilano” così anche altri soggetti possono farlo. Per esempio: una azienda riceve una domanda di impiego da parte di un “talentuoso” candidato. Guarda caso l’azienda, o uno dei suoi responsabili, ha un account su Facebook e stringe “amicizia” con il papabile candidato il quale, ingenuamente, accetta. Ecco qua … la “storia” del candidato, quella vera che non è stata riportata sul curriculum è li pronta per essere esaminata: è un piantagrane ? (flame, insulti ecc); ha famiglia ? (mogli, fidanzate, progetti di matrimonio); non è che pensa di avere un figlio a breve ? di quale orientamento politico è ? chi sono i suoi amici ? che gruppi frequenta ? … c’è tutto di voi. Ed alla fine è possibile che il “talentuoso” candidato venga cassato nonostante referenze impeccabili.
Avete un gatto o un cane per il quale nutrite un affetto smodato ? Come si chiama ? Quante probabilità ci sono che la password che impostate più frequentemente nei vari servizi on-line (remote banking, webmail, chat ecc.) sia proprio il nome dell’animaletto da compagnia o del vostro idolo preferito ? O, più spesso, la vostra data di nascita ?
Un’altra mina vagante sono i “test” e i “quiz”: miliardi di applicazioni che vogliono trovare la vostra somiglianza con le celebrità del momento, dirvi a quanto ammonta il vostro QI, capire se siete dei latin-lover oppure degli sfigati … chi più ne ha più ne metta. E’ tutta attività di profilazione: se a questo aggiungete il fatto che molti pubblicano il loro nome e cognome con data e luogo di nascita completi, diventa un gioco ricostruire il vostro codice fiscale e, voilà, la vostra identità è stata bella che duplicata. Proprio oggi un servizio al tg2 illustrava come il fenomeno delle richieste di finanziamento utilizzando identità fasulle sia in pesante aumento. E chi ne paga le conseguenze sono i legittimi titolari di quella identità e non i truffatori.
Punto 4 – Ma chi è responsabile di eventuali illeciti nell’utilizzo dei miei dati ?
Bella domanda. E la risposta è purtroppo complessa: la natura dello strumento Facebook è tale per cui si sia invogliati, non obbligati, a fornire quante più informazioni possibile perchè in questo modo si è migliormente identificabili da chi ci sta cercando. Difficile, infatti, quando si cerca un “vecchio amico”, distinguere un semplice caso di omonimia dal vero contatto senza avere informazioni aggiuntive (chi conosce ? dove è nato ? dove vive ? che scuole ha frequentato ? ecc.). Quindi nessuno vi ha chiesto dei dati per l’esecuzione di un servizio e pertanto nessuno è tenuto al rispetto della riservatezza in virtù di un rapporto fiduciario tra cliente/fornitore. I dati li avete forniti voi, volontariamente, per scopi personali che possono, ma non necessariamente devono, essere perseguiti tramite lo strumento Facebook. Quindi i responsabili sono gli utenti stessi.
E sapete dove sta l’assurdità ? Nel fatto che se qualcuno vi telefona alla sera, prendendo il vostro numero dall’elenco telefonico, per proporvi un’offerta telefonica, lo mandate a quel paese. Forse un po’ più di coerenza e di buon senso non farebbe male.
A proposito … andarsi a bere una birra con amici veri in bar reale è mille volte meglio che mandarsi un coktail con una applicazione sponsorizzata.