26 Feb 2009
Inserito da: Andrea Lanfranchi in: Mondo IT
Sono un utente Windows, lo ammetto e non me ne vergogno. Ho costruito buona parte della mia professione utilizzando Windows ed i prodotti Microsoft in generale. Del resto ho sempre pensato, non credo con tutti i torti, che se la stragrande maggioranza del mercato era (ed è) composta da installazioni Windows, il lavoro era lì, non altrove.
Eppure, da un paio d’anni, non passa giorno in cui non mi chieda : “ma perchè non cambio ? perchè non riesco a far cambiare mentalità “. Lavorare con i prodotti Microsoft mi è piaciuto, per carità, e quando incontro clienti seri mi piace ancora. Quello che però sempre più spesso accade è che la mia professionalità, e quella dell’azienda in cui lavoro, si avvicina inesorabilmente ad una attività “commerciale” per Microsoft. Non c’è nulla di male nel fare il commerciale, ma non è quello che ho in mente in questo lavoro. Prima ancora dell’analisi tecnica sul prodotto in se, mi disturba profondamente presentare ai clienti proposte d’offerta nelle quali le sole voci di acquisto delle licenze software fanno sobbalzare sulla sedia. E quando si parla di sistemi operativi quelle cifre servono solo per “accendere” un server o un pc: per gli applicativi … giù denaro ancora. E poi ancora denaro per dotarsi di software o di apparati che “proteggono” (o cercano di farlo) le installazioni Windows da miriadi di virus, malware e vulnerabilità varie. Software che costano e che deteriorano le performance delle macchine, ma necessari. Non che Linux non comporti dei rischi, ma sono indubbiamente molti meno.
Particolarmente oggi, in un periodo di crisi economico/finanziaria, mi stupisce come non riesca a passare il concetto di una riduzione dei costi IT : dal piccolo privato che spende molto di più per una licenza Windows e una di Office rispetto all’intero valore del suo computer, alla piccola/media azienda che investe somme ingenti di denaro per installare impianti software che hanno eccellenti omologhi nel mondo GPL. Un esempio su tutti è la pervicace volontà di dotarsi di Exchange Server ed alla fine utilizzarlo solo come mail server. E non valgono nemmeno le doviziose lezioni di Microsoft sul TCO (Total Cost of Ownership) con le quali si vorrebbe far passare il concetto secondo cui, alla lunga, acquistare prodotti Microsoft faccia risparmiare. Vorrei davvero vedere in faccia chi vuol cercare di convincermi che acquistare un mail server (diciamo da 100 utenti) basato su Exchange (costo del server + le cal + Exchange = circa 16mila euro ai prezzi di listino) sarebbe un risparmio rispetto ad un server linux dotato di un mail server interfacciabile ad Outlook (Scalix, Kerio ecc.) il cui costo totale è meno di 1/3.
Nemmeno per i desktop possono resistere queste argomentazioni: assumendo che oggi l’unico prodotto Microsoft che non dispone di un competitor valido è Access, quanti lo usano ? Non basta OpenOffice per soddisfare le esigenze di un ottimo elaboratore di test e di un altrettanto buono foglio di calcolo ? Outlook è davvero l’unica risposta possibile alla gestione delle email ? Cosa ha Thunderbird che non va ?
No, tutto questo apparentemente non basta. Io stesso, che non riesco a convincermi a buttare a mare Windows, per concentrarmi su una distro Linux e dotarla di tutti gli applicativi che uso quotidianamente (e ce ne sono), sono vittima di ciò in cui Microsoft è maestra: il marketing.
Linux (o meglio il mondo dei suoi sostenitori) credono di combattere una guerra tecnologica: in realtà non è mai sceso sul vero campo di battaglia ovvero il campo commerciale. Con Linux non si vendono “prodotti”: si vende la propria esperienza nel costruire soluzioni basandosi su software (o pezzi di software) disponibili liberamente. Le stesse licenze vendute dai grossi vendor linux (RedHat, SuSE ecc) non sono da intendersi come le intende Microsoft: sono dei contratti di assistenza veri e propri, non delle licenze d’uso nude crude.
Ma i clienti vogliono “lo scatolo”, vengono ingannati dalla percezione di “titolarità” del prodotto: l’ho comprato quindi è mio. Ma cosa hai comprato ? Il software è il paradigma dell’intagibilità. E il contratto di licenza l’hai letto bene caro utente ? “Ogni cautela è stata posta nello sviluppo del software ma se qualcosa va storto noi non ne siamo responsabili”. Andreste da un concessionario d’auto a comprare una vettura sottoscrivendo un contratto nel quale a chiare lettere vi si dice : “Ogni cura è stata posta nella creazione della vettura ma se i freni non funzionano e vi schiantate noi non siamo responsabili”.
Semplificando di molto : non è meglio allora dotarsi di software che comunque possono avere dei problemi ma almeno in sede di primo acquisto non vi costano nulla oppure molto meno del più noto vendor ?
Purtroppo sembra non sia così:
Tutto questo fa parte della libertà che Linux offre ai propri sviluppatori ed utilizzatori. Ma è un’arma a doppio taglio perchè nessuno riuscirà ad imbrigliare orde di sviluppatori in un progetto unico, monolitico, stabile e riconoscibile a sufficienza da essere una valida alternativa a Windows. Basta guardare all’altro grande antagonista: il Mac. Nell’ultimo anno le quote di utenza detenute da Mac sono quasi radoppiate mentre l’ondata di Linux da tanti attesa ed auspicata ancora non si fa vedere.
Probabilmente deve cambiare la mentalità del mercato, anche la mia per carità, e forse questo momento difficile aiuterà a capire come razionalizzare le spese nel settore IT. Quello che è certo che sono stanco di vendere licenze.