Oggi ci siamo riuniti per salutare, per l’ultima volta, Alberto. Per ognuno di noi della famiglia e per ognuno di Voi che ora lo cingete di affetto, Alberto ha rappresentato, ne sono sicuro, uno o più momenti importanti della nostra vita. Io stesso, che nell’irruenza e impulsività tipica dei giovani, mi sono trovato anche in conflitto con Lui, ho imparato a conoscere l’Uomo attraverso le parole di tanti amici, colleghi, clienti che mi hanno raccontato il loro incontro, il loro percorso e a volte anche le difficoltà. E non mi stupisco più di questo. La riservatezza di Alberto, la sua discrezione e la sua semplicità, rendevano difficile conoscerlo davvero. Bisognava avvicinarsi piano, imparare ad ascoltarlo: lui voleva così. Non amava essere conosciuto per le parole che lo precedevano: per lui tutti erano Persone, con le loro peculiarità, il loro carattere e le loro difficoltà. E per ciascuno cercava di trovare il modo giusto di porsi, di offrire la propria professionalità, di lavorare insieme e di vivere insieme.
Certo non ha mai nascosto le sue caratteristiche di persona ferma e assai risoluta nelle proprie decisioni cosa che, per sua stessa ammissione, è stato motivo di qualche problema nei rapporti personali e lavorativi. Ma anche questo faceva parte dell’assoluta onestà intellettuale con la quale ha sempre condotto tutta la sua vita.
Le sue brillanti intuizioni, il suo senso del dovere, il rispetto delle regole e il profondo spirito di abnegazione si univano in un carattere solidale, comprensivo, altruista, leale, mai chiassoso o sopra le righe. Amava il silenzio dei boschi, delle montagne, dove ogni cosa è detta piano, dove si riesce a sentire il rumore della pioggia e come ogni buon bergamasco lavorava in silenzio puntando sempre a concreti risultati piuttosto che ricercare facili riconoscimenti.
La sua baita, che tanto ha amato e tanto gli ha dato grazie ai cari amici che con lui l’hanno condivisa, era il suo simbolo. Poteva sembrare il suo rifugio personale, privato. Ma non era così: come un rifugio di montagna rappresenta la sicurezza per chi cammina così Alberto ci diceva “io sono qui, entra scaldati, mangia qualcosa e parliamo”. Ma prima bisognava arrivarci.
Ora, Papà è andato avanti, ad una baita più in alto ed ancora ci dice di avere fiducia, di seguire il suo esempio, i suoi valori il suo rispetto per il prossimo … perché tutto non finisce qui.
E come lui stesso mi ha detto : agisci e cammina. Qualsiasi azione, qualsiasi direzione è meglio che stare fermi, rassegnati, ad aspettare.
2 Commenti
Lio
30-Nov-2011 1Chissa’ perche’ mi pare di leggere una descrizione nota. Forse perche’ anche mio padre era simile, o forse perche’ e’ l’animo schivo dei bergamaschi? Chiusi come pochi…
Ma leggere queste parole mi ha fatto sentire una grande malinconia: sono 10 anni che sono in Canada e Bergamo e’ solo un angolo del mio cuore, un ricordo in cui rientrare quando i momenti sono troppo duri e serve ritrovare quella forza che i bergamaschi hanno.
Il tuo babbo aveva ragione: non bisogna fermarsi.
“Soltanto quelli che tentano di superare i propri limiti scoprono fino a dove possono arrivare veramente”. (Sergio Bambaren)
Andrea Lanfranchi
01-Dic-2011 2Grazie per il tuo pensiero. Un abbraccio.